Apprendere in gruppo, apprendere attraverso il gruppo. Per affrontare gli ostacoli emotivi nel processo di apprendimento

Velia Bianchi Ranci

 

 

  1. Premessa. Pensiamo che il trattamento delle difficoltà di apprendimento, che così spesso portano i bambini in consultazione dallo psicologo, debba prendere in considerazione la globalità del bambino, per essere efficace. Come dice S.Boimare, (1999) “Quando m’imbatto in una difficoltà importante (di apprendimento) constato che essa ha dimensioni e ripercussioni che si situano tanto nel dominio psicologico che in quello pedagogico, e che questi due aspetti sono intimamente legati in misura uguale nel suo insorgere e nella sua risoluzione”.

 

  1. Natura degli ostacoli. Senza andare nel dettaglio delle origini delle difficoltà di apprendimento, prendiamo come punto di partenza le due categorie in cui sono riassunte da Martha S. Villarinot-Minquet (1987) e cioè

1) difficoltà di adattamento all’ambiente scolastico,

2) caratteristiche della personalità del bambino.

Categorie continuamente influenti l’una sull’altra, che indicano la causa delle difficoltà, e ne sono al tempo stesso l’espressione.

C’è comunque un aspetto che accompagna sempre i problemi dell’apprendimento scolastico, ed è un disturbo della capacità di relazione del bambino.

Che un apprendimento significativo avvenga primariamente all’interno di una relazione con l’altro è, crediamo, affermazione abbastanza condivisa. Non può essere che così, dal momento che noi possiamo pensare e pensarci solo all’interno di una relazione, attuale o fantasticata: ancor prima di nascere esistiamo come membri di una relazione.

“Il bambino- dice Piera Aulagnier- è un lui, un tu, nel pensiero e nel discorso di un altro, prima di essere un Io”.

Quando un bambino fatica ad apprendere notiamo che anche la sua capacità di relazione è messa in crisi. Gli insegnanti leggono questo disturbo della relazione in diversi modi: “ha paura di sbagliare,.. sembra tra le nuvole,.. non ascolta…si isola…”, ecc. sono tutte espressioni che indicano un non contatto o un cattivo contatto emotivo con chi vorrebbe essere in relazione feconda di pensiero con il bambino. Come se il bambino avesse staccato i contatti. Non trova la strada per comunicare con l’adulto che vorrebbe insegnargli.

Questa cesura si aggrava con il permanere della difficoltà di apprendimento, aggravandola a sua volta, in un circolo vizioso che allontana sempre più il bambino dalla possibilità di uno sviluppo sereno ed armonico. Le origini possono essere le più diverse, e mai singole, perché fattori strutturali e ambientali si intrecciano e si influenzano continuamente nell’evoluzione del bambino. E’ importante trovare strumenti efficaci per rimettere il bambino in un contesto relazionale facilitante il recupero delle sue capacità di pensarsi e di pensare insieme agli altri senza vergogna e senza paura.

Questo ci sembra un passo necessario, perché la vergogna e la paura sono due emozioni spesso paralizzanti che incontriamo spesso, più o meno mascherate, magari anche da comportamenti provocatori o clowneschi, negli allievi difficili.

 

 

  1. Il gruppo come strumento privilegiato per ristabilire un buon contesto relazionale.

 

Vorremmo qui approfondire più specificamente attraverso quali vie l’esperienza in un gruppo di pari con finalità educative, formative o terapeutiche, a seconda delle necessità dei partecipanti, può facilitare la rimozione o almeno l’attenuarsi degli ostacoli all’apprendimento scolastico.

Il gruppo si costituisce sulla base dell’interesse innato del bambino per il simile a sé, interesse che spesso nell’ambiente scolastico è messo in secondo piano per l’importanza che acquista la necessità di apprendere dall’insegnante i contenuti di sapere richiesti, e conquistarne la benevolenza.

Nel contesto gruppale il primo compito del conduttore è quindi quello di facilitare e promuovere questo interesse, spesso di dissotterrarlo, perché sepolto dalle preoccupazioni di stare a galla in un contesto ambientale che fa richieste sentite dal bambino come eccessive o incongruenti, o incomprensibili.

Attraverso l’interesse reciproco per i loro simili, i bambini possono facilmente identificarsi con aspetti degli altri che trovano congeniali, o imparare a gestire aspetti di sé difficili o scomodi.

Attraverso questo interesse i bambini ritrovano un’unità che li fa sentire più forti e li aiuta anche a modulare meglio la distanza relazionale con l’adulto.

All’interno del gruppo ognuno può guardare se stesso attraverso gli occhi degli altri bambini, e quindi considerare aspetti di sé fino ad allora a lui sconosciuti o svalutati. Questo lo aiuterà a portare alla luce capacità che fino ad allora non aveva ritenuto tali, e a metterle a frutto. Oserà comportamenti nuovi per vedere come sono accolti, e la reazione del gruppo lo aiuterà a collegarli ai desideri e bisogni del suo mondo interno, facilitando la ripresa del pensiero e della riflessione, che apre la strada all’apprendimento.

 

 

 

  1. Condizioni che fanno di un gruppo uno strumento di crescita e un veicolo di apprendimento

 

Il gruppo di pari prima dell’adolescenza non si costruisce da solo, ma in presenza di un adulto.

L’adulto ha la funzione di permettere che il gruppo nasca e si costituisca come oggetto comune di investimento positivo da parte dei partecipanti.

I bambini, attraverso l’interesse del conduttore per i movimenti del gruppo, possono recuperare l’interesse per quello che avviene tra loro nel gruppo, e da lì un certo piacere nella loro attività di pensiero.

Per assolvere questa funzione il gruppo deve avere caratteristiche di continuità nel tempo, di ritmicità, di prevedibilità, in modo che i bambini siano sollecitati a pensarlo e a viverlo come qualcosa di affidabile.

Il gruppo deve essere sufficientemente eterogeneo, in modo da offrire ai suoi membri diversi modelli di approccio ai problemi.

Deve fornire uno spazio prevedibile, all’interno del quale i bambini possano stare insieme nel modo in cui sono capaci e che li soddisfa. Questo li aiuta ad essere sempre più incoraggiati a pensare e prevedere le situazioni gruppali e ad esserne attivi protagonisti, e quindi più capaci di essere costruttivi ed attivi anche nelle diverse situazioni sociali in cui sono inseriti.

Nella nostra esperienza l’aumentata capacità dei bambini di essere parte attiva nella relazione si manifesta abbastanza presto nei confronti dei genitori, che notano come uno tra i primi risultati dell’inserimento nel gruppo il fatto che il bambino parla di più, fa capire meglio che cosa vuole. La scoperta di questo cambiamento è sempre molto liberatoria per i genitori, che sentono di capire meglio il bambino, e quindi di poterlo aiutare di più.

Pensiamo che debba essere così anche per gli insegnanti: anche loro sono sollevati se il bambino si fa capire meglio. Si sentono più capaci, più considerati dal bambino, meno in colpa nei confronti della propria coscienza di bravo maestro.

Non bisogna dimenticare che le difficoltà di apprendimento sono tali sia per chi apprende che per chi insegna, e che quindi gli insegnanti devono essere aiutati a capire che cosa il bambino si aspetta da loro non meno che i bambini che cosa si aspetta da loro l’insegnante.

Per un insegnante essere aiutato direttamente dai bambini nel suo compito è il mezzo migliore per riprendere insieme un cammino impervio.