Calcio dilettantistico: i bambini sono diversi dagli adulti, non ce ne dimentichiamo!

All’età di otto o nove anni i nostri bambini sono spesso impegnati in allenamenti tre volte a settimana e in tornei della durata di un’intera giornata ogni fine settimana. I meno dotati vengono via via tenuti sempre più spesso in panchina durante le partite, mentre sui più bravi cresce la pressione per una buona performance e per un risultato vincente.

Non sarà che i nostri ragazzi rischiano così di perdere progressivamente il gusto di giocare insieme e di divertirsi, ritrovandosi a vivere lo sport nel suo aspetto più competitivo e commercializzato, con un coinvolgimento sempre maggiore di sponsor e denaro? Il passo dal piacere alla competitività forzata è molto breve e a volte ci si arriva quasi senza accorgersene; in questi casi l’impegno richiesto ai bambini risulta più grande di loro, sia dal punto di vista fisico che emotivo.

Sui campi di calcio dilettantistico forse pensiamo e trattiamo i bambini come se fossero adulti e parallelamente potremmo riscoprire a volte che gli adulti sono come dei bambini.

È impossibile non esultare di fronte a una bella azione della squadra e a un buon gioco del proprio figlio, che conduce magari a un goal importante, ed è anche difficile, e a volte addirittura impossibile, contenere la frustrazione nei confronti di un’azione che si interrompe malamente, di una svista arbitrale, di una scelta dell’allenatore non condivisa. Ma quando questa frustrazione arriva al punto di tradursi in azioni aggressive a carico delle altre figure in campo e sugli spalti, urla, insulti e, non di rado, anche pugni, dove stanno allora le capacità degli adulti di mantenere comportamenti adeguati alle situazioni e di ricordarsi le loro responsabilità educative?

Se i bambini in campo giocano a fare gli adulti e i genitori sugli spalti si comportano come bambini capricciosi che non tollerano i limiti, se gli allenatori si sostituiscono agli arbitri e gli arbitri rinunciano alle loro funzioni normative, si crea una confusione di ruoli e una incongruità di comportamenti. Difficile per un bambino trarne delle linee guida a lui comprensibili, per una sana convivenza civile.

Forse vale la pena di ristabilire un po’ di ordine, rendendo a ciascuno le proprie funzioni, sulla base delle rispettive età, competenze e responsabilità!

Solo così sarà possibile ridurre la sensazione di solitudine, precarietà e rabbia che questa situazione di confusione genera in tutti i protagonisti.